Nel mondo distopico di ANTRO, la libertà di espressione è stata cancellata da un regime totalitario che vive sopra i resti di una società collassata. Ed è proprio in quel sottosuolo – tra neon, graffiti e bassi pulsanti – che Gatera Studio vuole riportare in superficie una forma di resistenza estetica e musicale. L’obiettivo non è solo far saltare il giocatore a tempo, ma farlo riflettere sul valore politico e sociale della creatività, trasformando ogni livello in un piccolo atto di ribellione.

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Nato come progetto post-universitario a Barcellona e cresciuto grazie a fondi europei e supporto del Ministero della Cultura spagnolo, ANTRO è il primo titolo firmato Gatera Studio, un collettivo indipendente che si è dato una missione chiara: rappresentare la cultura urbana nei videogiochi da una prospettiva ribelle e consapevole. Il gioco, pubblicato da SelectaPlay, si presenta come un platform 2.5D che unisce azione, puzzle ed elementi ritmici, ma soprattutto si propone come veicolo di un messaggio preciso: la musica e l’arte possono essere strumenti di lotta contro l’oppressione. Un concetto che, da Fahrenheit 451 a Equilibrium, ha radici profonde.

Nei prossimi paragrafi proverò a farvi capire quanto ANTRO riesca davvero a trasmettere tutto questo – non solo sul piano dei temi e dell’estetica, ma anche e soprattutto in termini di esperienza ludica. Perché tra una buona idea e un buon gioco, il passo non è sempre scontato.

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Antro – Un mondo sotto la superficie

Nel 2150, la superficie non è più abitabile. Dopo un evento chiamato “The Collapse”, ciò che resta dell’umanità si è rifugiato sottoterra, sotto le rovine di Barcellona. Questo è lo scenario in cui prende forma ANTRO: un mondo claustrofobico e stratificato, dove le classi più basse lavorano nell’oscurità, mentre le élite vivono al sicuro sotto la struttura conosciuta come La Cúpula.

La narrazione non si impone mai in modo diretto. Niente lunghe cinematiche o dialoghi invadenti: la storia emerge a frammenti, attraverso piccoli scambi, dettagli ambientali e graffiti. Il giocatore interpreta Nittch, un corriere solitario incaricato di consegnare un pacco misterioso. Ma il suo percorso incrocerà presto quello dei Discordantes, una rete ribelle che usa l’arte e la musica come strumenti di opposizione.

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ANTRO vuole raccontare una lotta simbolica tra creatività e oppressione, tra dissenso culturale e controllo autoritario. Il mondo di gioco è un riflesso di questo scontro, e ogni ambiente – dai tunnel industriali ai club nascosti – ne diventa espressione visiva e concettuale. La censura dell’arte è il fondamento della distopia messa in scena: in un futuro in cui anche una canzone può essere pericolosa, il ritmo stesso diventa un atto di ribellione.

Non è una novità assoluta: da Fahrenheit 451 a Equilibrium, passando per regimi reali che hanno represso l’arte, il controllo dell’immaginario è sempre stato una forma di potere. Ma ANTRO riesce a dare nuova forma a questa idea, affidandola al movimento, al suono, alla materia visiva. È un invito a credere che, anche nei contesti più oscuri, la creatività può ancora essere una via di fuga.

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Il setting è riuscito, ma la trama resta in secondo piano. Alcuni momenti evocano suggestioni interessanti, ma il racconto si interrompe bruscamente, lasciando più domande che risposte. Il messaggio c’è, sincero e chiaro, ma avrebbe beneficiato di maggiore profondità, soprattutto nel rapporto tra protagonista e mondo.

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L’estetica di una ribellione

Il mondo di ANTRO è sporco, decadente, stratificato. Ogni angolo della metropoli sotterranea racconta visivamente ciò che il gioco suggerisce a parole: un’umanità dimenticata, compressa sotto il peso del potere, ma ancora capace di esprimersi – a colpi di spray e neon – dove non dovrebbe.

L’estetica 2.5D mescola scenari tridimensionali e personaggi bidimensionali in silhouette: ombre scure, senza volto, che si muovono come ombre cinesi in un teatro di luci urbane. Questo contrasto – tra la tridimensionalità dello spazio e la bidimensionalità dell’identità – funziona, rafforzando la sensazione di alienazione. I volti non sono importanti: lo è il movimento, la direzione, la corsa.

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I graffiti, in particolare, svolgono un ruolo importante: sono più che decorazione, sono testimonianza. Ogni disegno sul muro, ogni tag lasciata da un personaggio ignoto, contribuisce a costruire una narrativa parallela. Non è difficile pensare alla street art reale – da Banksy alle tag anonime nei quartieri periferici – come fonte d’ispirazione. ANTRO ne raccoglie l’energia grezza e la trasforma in codice estetico.

In questo senso, la direzione artistica del gioco è forse la sua parte più riuscita. Anche quando la narrativa vacilla o il gameplay si fa ripetitivo, il colpo d’occhio rimane potente. Ogni schermata sembra voler gridare, silenziosamente, che l’arte sopravvive anche quando tutto il resto è crollato.

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A ritmo di gameplay

Giocando ad ANTRO, si avverte chiaramente l’intento del team: offrire un’esperienza che fosse più di un semplice platform musicale. Ribellione, sottocultura urban e oppressione non si esprimono solo a livello estetico o narrativo, ma prendono forma anche nel gameplay.

La musica è la vera guida dell’azione. Il ritmo determina i movimenti, i salti, le schivate. Il giocatore non deve solo reagire: deve entrare in sintonia con il beat. Le sezioni migliori sono proprio quelle in cui audio, estetica e level design si fondono in una coreografia fluida. In quei momenti, ANTRO riesce davvero a farsi sentire, letteralmente.

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Tuttavia, non mancano i limiti. Nonostante la brevità – circa un’ora e mezza – il gioco soffre di una certa ripetitività, evidente già a metà percorso. La varietà delle situazioni ludiche è ridotta e la progressione fatica a sorprendere.

Inoltre, la difficoltà si basa spesso su dinamiche da “trial and error”. Gli indicatori visivi ci sono, ma non sempre risultano chiari. Capita di sbagliare non per mancanza di riflessi, ma perché non si capisce subito cosa il gioco chiede. Questo spezza il ritmo e introduce una frustrazione evitabile.steam

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Fortunatamente, nelle fasi finali si nota uno sforzo per variare la formula. Alcuni segmenti introducono piccoli elementi di platforming più dinamico e una leggerissima componente esplorativa legata allo sblocco di porte e celle da cui liberare prigionieri. Nulla di particolarmente profondo, ma abbastanza per spezzare la linearità e offrire una sensazione di crescita, di respiro, di progressione. E anche questo, in un gioco così breve, fa la differenza.

La musica come dissenso

In ANTRO, la musica non accompagna: guida.

Il cuore ritmico del gioco è affidato a Martí Valverde, in arte anche Martí Valverde Bosch, compositore e sound designer catalano con un background nella musica elettronica sperimentale e nei visual live show. Con ANTRO, Valverde ha costruito una colonna sonora originale che mescola hip-hop spagnolo, drill, trap, techno, drum’n’bass e atmosfere ambient, ritagliando un’identità sonora forte, coerente e perfettamente integrata con l’estetica urbana del gioco.

antroL’esperienza è pensata per essere sinestetica: la musica determina il ritmo dell’ambiente, l’apparizione degli ostacoli e persino i tempi di salto o schivata del personaggio. Ogni brano è strutturato per accompagnare momenti precisi – fuga, esplorazione, tensione, climax – e più che un semplice sottofondo, diventa l’ossatura dei livelli ritmici, come in una coreografia interattiva.

La direzione sonora ha ricevuto riconoscimenti già in fase di pre-release: ANTRO ha vinto il premio per la miglior colonna sonora agli IndieDevDay 2022 e al Gamepolis 2022, due tra gli eventi indie più rilevanti in Spagna. Il lavoro di Valverde riesce a fondere l’energia grezza della musica urban con una struttura interattiva che la valorizza senza banalizzarla.

La OST è disponibile sia su Spotify che Youtube. Personalmente, tra le mie preferite, ci sono tracce come Factoria de almas, Coliseo de escalvos, Valor en la Cripta, A los pies de la Cupula e Promesas de sangre.

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Antro è un’opera breve ma intensa

ANTRO è un gioco breve, diretto, profondamente sincero. Non nasconde le sue ambizioni né le sue radici: è un progetto indipendente costruito con passione, sostenuto da fondi pubblici, nato con l’intento di unire musica urbana, ribellione culturale e narrativa distopica in un unico flusso ritmico. E in buona parte, ci riesce.

La direzione artistica e sonora è il cuore pulsante dell’esperienza: ambientazioni decadenti e identitarie, silhouette che si muovono tra i resti di una società repressa, e una colonna sonora che riesce davvero a farsi gioco, a diventare meccanica, atmosfera e messaggio insieme. Ci sono momenti in cui tutto questo si fonde in modo quasi ipnotico.

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Ma non tutto funziona con la stessa efficacia. La trama resta in secondo piano, il gameplay tende alla ripetizione, e alcune scelte di design rendono meno immediato un gioco che avrebbe dovuto puntare tutto sulla fluidità del ritmo. È una corsa breve e un po’ discontinua, che avrebbe meritato un pizzico di ambizione in più sul fronte della varietà.

A 14.99€, il prezzo di lancio non è eccessivo, ma neppure trascurabile. E considerando che in quella fascia di prezzo si trovano spesso titoli più strutturati e duraturi, credo sia giusto chiarire che ANTRO è un gioco di nicchia, pensato per chi apprezza una precisa estetica urban, un certo tipo di colonna sonora e un gameplay a metà tra platform e music runner.

Se rientrate in questo profilo, allora ANTRO può regalarvi un’ora e mezza densa di atmosfera e ritmo. Ma il mio consiglio, per chi è incuriosito ma non convinto, è di dare una possibilità alla DEMO presente su Steam.

L’articolo Recensione Antro: un gioco underground (in ogni senso) proviene da Evosmart.it.

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