Eoni fa ho passato ore a scoprire i segreti dell’isola di Monkey Island, a risolvere enigmi assurdi come usare un pollo con la carrucola in mezzo per attraversare un cavo sospeso o inchiodare Stan, il venditore più insistente dei Caraibi, dentro una bara pur di farlo stare zitto. In Hollywood Monsters mi sono trovato davanti all’enigma dei cognomi in Scozia, un rompicapo che alternava deduzione logica a tentativi disperati, e che riuscire a risolvere senza una guida dava una soddisfazione quasi fisica. Ho bruciato asfalto in Full Throttle e indagato nel regno dei morti in Grim Fandango, imparando che nelle avventure punta e clicca la soluzione raramente è ovvia: va cercata, provata e, a volte, scoperta per caso! 

The Art of Point-and-Click Adventure Games

Ritrovare tutti quei mondi e molti altri tra le pagine di The Art of Point-and-Click Adventure Games di Bitmap Books è stato come sfogliare un’enciclopedia illustrata della mia infanzia videoludica. Pubblicato per la prima volta nel 2018, questo volume non è solo un compendio visivo: è una ricostruzione accurata della storia del genere, curata da Sam Dyer con il supporto di veterani del giornalismo videoludico come Steve JarrattMike BevanDamien McFerran e Julian Rignall, e impreziosita da una prefazione firmata da Gary Whitta (PC GamerRogue One). La qualità editoriale è quella tipica di Bitmap Books: edizione cartonata di pregio, stampa impeccabile e un equilibrio perfetto tra testo e immagini.

The Art of Point-and-Click Adventure Games

The Art of Point-and-Click Adventure Games è organizzato come un viaggio nel tempo: si parte dal 1984, con i primi esperimenti grafici post-avventure testuali, e si arriva fino ai titoli più recenti, pubblicati nel 2021. Ogni anno è un capitolo a sé, con una selezione di giochi rappresentativi accompagnati da screenshot a tutta pagina, bozzetti originali e aneddoti raccontati dai loro creatori. I grandi classici di LucasArts e Sierra On-Line hanno ovviamente ampio spazio, ma non mancano chicche meno note, studi indipendenti e titoli che hanno segnato la rinascita del genere negli anni 2000.

Il libro alterna pagine puramente visive a veri e propri approfondimenti, come le interviste a Ron Gilbert, Tim Schafer, Jane Jensen, Charles Cecil, Éric Chahi e molti altri. Alcune occupano poche colonne, altre si dilatano in racconti che sembrano chiacchierate a cuore aperto: aneddoti di sviluppo, sfide tecniche, idee nate per caso e diventate iconiche, come la genesi di puzzle assurdi o la gestione di limitazioni hardware trasformate in punti di forza. Non mancano le appendici, con un indice ragionato dei titoli presenti e schede di approfondimento su elementi chiave del genere, come il motore SCUMM o l’uso dell’umorismo nei dialoghi.

The Art of Point-and-Click Adventure Games

Visivamente, il libro è un piacere da sfogliare: impaginazione ariosa, colonne di testo brevi, citazioni in evidenza e immagini che occupano intere pagine. Non si tratta solo di screenshot, ma di veri “quadri digitali” stampati con un’attenzione maniacale alla fedeltà cromatica. La scelta di alternare pagine dense di testo a doppie pagine completamente visive mantiene il ritmo alto e impedisce alla lettura di diventare pesante.

È un approccio che funziona particolarmente bene con il pubblico a cui si rivolge: non un’introduzione al genere, ma un tributo pensato per chi conosce già bene il mondo delle avventure punta e clicca. Chi lo sfoglia non cerca spiegazioni di base: vuole rivivere, attraverso immagini e racconti, la stessa sensazione di meraviglia provata davanti a un monitor CRT.

The Art of Point-and-Click Adventure Games

Un po' di "spoiler" pre-acquisto

Le principali tematiche trattate nel volume includono naturalmente la storia evolutiva del genere (dai prototipi testuali ai moderni indie revival), ma anche sottotemi come l’evoluzione tecnologica (grafica EGA/VGA, introduzione del CD-ROM e del doppiaggio, fino alle avventure moderne finanziate via Kickstarter).

Grande enfasi è posta sulle vicende degli sviluppatori: attraverso le interviste, il libro esplora le filosofie di game design, le sfide produttive e le ispirazioni artistiche dietro titoli celebri. Non manca una riflessione sul perché le avventure grafiche abbiano vissuto un periodo di declino verso la fine degli anni ‘90 e come siano poi tornate in auge grazie alla nostalgia e al supporto dei fan (vengono citati i casi di Double Fine e di campagne Kickstarter di successo, così come di progetti falliti, a testimoniare le alterne fortune del genere).

The Art of Point-and-Click Adventure Games

Tra i giochi e gli studi di sviluppo più rilevanti rappresentati nel libro figurano:

  • LucasArts (Lucasfilm Games) – con tutti i classici che hanno definito il genere: Maniac Mansion, Zak McKracken, The Secret of Monkey Island (e seguiti), Day of the Tentacle, Sam & Max Hit the Road, Full Throttle, Grim Fandango e tanti altri.

  • Sierra On-Line – pioniera delle avventure, rappresentata dalle serie King’s Quest, Space Quest, Police Quest, Leisure Suit Larry, Quest for Glory e titoli come Gabriel Knight.

  • Revolution Software – la casa britannica dietro Broken Sword e Beneath a Steel Sky, con sezioni dedicate a questi titoli e un’intervista a Charles Cecil.

  • Cyan Worlds – con il rivoluzionario Myst (e il seguito Riven), esempio di avventura grafica basata su ambienti in grafica pre-renderizzata che viene celebrato con screenshot mozzafiato.

  • Westwood Studios – presente con Blade Runner (1997), avventura cult citata per la sua grafica d’atmosfera e il design non lineare.

  • Delphine Software – con Another World (incluso nel contesto storico come action-adventure influente) e Future Wars, nonché Cruise for a Corpse di Paul Cuisset.

  • Sviluppatori indipendenti e moderni – il libro non si ferma ai grandi nomi del passato: include titoli recenti e indie che hanno rinverdito il genere. Ad esempio Machinarium e Samorost (Amanita Design), Gemini Rue e Resonance (Wadjet Eye Games), The Walking Dead (Telltale Games) fino a Kentucky Route Zero e Thimbleweed Park.

  • Gioielli nascosti e autori minori – coerentemente con l’intento enciclopedico, l’opera tocca anche titoli meno conosciuti o di culto: ad esempio The Last Express di Jordan Mechner, Discworld della Psygnosis, I Have No Mouth and I Must Scream, Dark Seed, The Longest Journey di Funcom, Syberia di Benoît Sokal, e perfino alcuni esperimenti homebrew come Caren and the Tangled Tentacles.

Questa carrellata evidenzia come praticamente tutte le pietre miliari del genere siano rappresentate nel libro. In totale, l’indice conta poco meno di 160 giochi trattati attraverso quasi quattro decenni di storia, un numero davvero impressionante che dà l’idea della completezza dell’opera.

The Art of Point-and-Click Adventure Games

Perché vale la pena averlo in libreria

The Art of Point-and-Click Adventure Games non è un libro da sfogliare distrattamente: è un’esperienza da vivere con calma, come si farebbe con una vecchia avventura grafica. Ogni pagina è un invito a tornare nei luoghi che abbiamo visitato decenni fa, a riascoltare le battute che conosciamo a memoria e a scoprire dettagli che forse non avevamo mai notato. È un’opera pensata per chi sa cosa significhi passare ore a cercare di combinare due oggetti improbabili solo per vedere se “funziona”, e per chi riconosce un personaggio solo dalla silhouette in pixel.

Bitmap Books firma qui uno dei suoi lavori più riusciti: un volume che unisce la qualità di stampa di un artbook di pregio alla profondità di una cronistoria completa, arricchita da decine di interviste esclusive. Occhio, però, non è tradotto in italiano e non è pensato per chi si avvicina al genere per la prima volta. Ma per chi le avventure punta e clicca le ha vissute, e ancora oggi le considera parte integrante della propria identità videoludica, è semplicemente irrinunciabile. E con un prezzo di 35,95€, per me è più che onesto per quello che offre (e rappresenta un ottima idea regalo 😉).

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